Biella

Aiuto voglio Scendere! Libri per fermare i pensieri in tempesta

C’è ben poco che mi diverta più dei modi di dire inglesi. Sarà per questo che la loro ironia ha fatto storia, ma vuoi mettere potersi paragonare ad un cetriolo figo per spiegare quanto siamo rilassati (I’m as cool as a cucumber), oppure lamentarsi di non poter nemmeno agitare un gatto per quanto è piccola la mini cucina del tuo mini appartamento (there’s not enough room to swing a cat)?  

Perderei la giornata a raccontarteli tutti, ma ho deciso di sceglierne uno in particolare per dare un nome a questa nuova rubrica libraria: ossia “una tempesta in una tazza da the”, “a storm in a teacup”, un modo di dire a mio avviso molto fumettistico per quei maremoti di ansie – pensieri – problemi – domande che riusciamo a crearci per gigantosi ed oscuri problemi,  che poi si rivelano formichine che giocano a fare le ombre cinesi nella nostra testa.

Le mie burrasche mentali riescono sempre a cogliermi alla sprovvista; iniziano quando decido di staccare un attimo dal lavoro e lasciar vagare i pensieri. E lì le subdole iniziano:

con il commercialista che dovevi chiamare, quella mail a cui non hai risposto, quel fondino di senso di colpa per quel lavoro che stai rimandando da troppo… E addio pace dei sensi.

Per cosa poi? Per una tazzina da the non così difficile da svuotare e piena di pensieri che puoi risolvere con un minimo di organizzazione.

Ma che fatica a volte, questa santa organizzazione!

Prendersi una pausa per ricaricarsi e ricominciare qui è sacrosanto, ma non fare come me che cerco di rilassarmi cercando online siti sul branding o leggendo un nuovo manuale di marketing, eh no!

Qui ci vuole uno stop serio.

E allora concediamocela questa pausa ricarica pile, che poi lavoriamo meglio.

Due chiacchiere, una passeggiata o un bel libro, ma di quelli che ci fanno star bene, e ci lasciano qualcosa di buono tra una riga e l’altra.  E qui parleremo proprio di questo, di libri, possibilmente scritti al femminile, per noi, donne splendide e perfette così come siamo, ma che alle volte rischiamo di affogare in una tazzina da the.

(E via, ditelo che la tazzina è mille volte più sexy del bicchier d’acqua)

Per chi già lo sa, ho un po’ la fissa per i libri e per chi ancora non lo sapesse lo confesso: adoro curarli, adoro annusarli, anche di nascosto in libreria, e ancor più adoro leggerli.

Sono davvero tante le donne scrittrici che mi hanno lasciato molto, che mi hanno regalato la spinta giusta al momento giusto,  e quando è stata ora di scegliere una volta per tutte con chi cominciare, è stato un bel problema.

Alla fine ho deciso di cominciare con una donna che sicuramente già conoscete, ma che ha avuto la capacità e il coraggio di mettersi a nudo in una splendida biografia, raccontando di come ha ricominciato da capo per ritrovarsi più bella e più forte di prima.

Elizabeth Gilbert.

Tutti i suoi libri valgono una lettura, ma quello di cui vi parlo oggi è Mangia Prega Ama, pubblicato nel 2006 ed edito in Italia da Rizzoli nel 2010. È diventato famoso anche qui grazie ad un film , con un gran bel casting per carità, ma con la semplice bellezza del libro ha poco a che fare. La Elizabeth protagonista è una donna bella e con tutte le carte in regola per essere felice;  ma questa felicità arriva ad essere giusto un bel vestito da indossare in pubblico, e non arriva proprio per niente giù fino al cuore.

Beth (chiamiamola così) ci prova a farsela bastare, ma questi suoi sforzi lasciano solo spazio ad una inquietudine sempre maggiore, ad una crisi vera e propria dove arriva a toccare il fondo.

Ed è nel buio più profondo che una vocina inizia a dirle che in fondo potrebbe anche dire no.

No alla sicurezza ed alle comodità?

ma no,

ma non si fa,

ma non si può.

Massì invece! Solo che se non ci provi non saprai mai se puoi uscirne.

Per arrivare a provarci, ma quanto coraggio ci vuole? Beth lo trova, a fatica ma lo trova, sbagliando per la strada, riuscendo a rialzarsi con un livido in più ma anche con tanta cazzutaggine in più per non tornare indietro. Decide di partire per andare a cercarsi, per un viaggio vero e avventuroso, ma che letto dalla mia poltroncina davanti al balcone è diventato un viaggio metaforico, un “nostos” come il viaggio omerico di Ulisse. Nostos è una di quelle splendide parole greche dimenticate, che in sei lettere condensa in sé il senso del viaggiare non solo per spostarsi, ma del viaggio come “nostalgia”, come dolore e mancanza, dandogli quindi un senso simbolico di desiderio di conoscenza e allo stesso tempo di distacco, di esilio e allontanamento da sé.

Beth per cercarsi compie il suo viaggio attraverso tre diversi continenti, che diventano la raffigurazione di tre desideri dell’anima: un insaziabile appetito per la vita, una ricerca personale e spirituale per ritrovare la fede in sé stessa, e (diciamo proprio poco) quella forza che sembra quasi impossibile trovare a lasciarsi andare per amarsi e amare ancora.

Il vero viaggio alla fine è quello a ricerca di sé, come Elizabeth Gilbert riesce a raccontarci così bene in questo romanzo, delicato e scorrevole, ma così pieno di significati a voler leggere tra le righe.

TI ho incuriosito abbastanza da leggerlo?

Allora buon viaggio ragazza mia, ché come dice Baricco, “è un viaggio per viandanti pazienti, un libro”.

Francesca Premoli

Legatoria d'arte, design editoriale, servizi matrimoniali e per cerimonie, restauro del libro antico e contemporaneo, calligrafia.

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