Biella

Chiara e Giulia: ci vuole anima e umiltà

Chiara è una persona che ha fatto della trasparenza e della luce il suo biglietto da visita. I suoi occhi brillano e ti accompagnano attraverso i racconti della sua esperienza di restauratrice, fermandosi, dolci e vivaci, quando parla dell’arte del Kintsugi. Il Kintsugi è una tecnica di restauro giapponese in cui Chiara si è specializzata negli ultimi anni e che la sta portando in giro per l’Italia come formatrice.

Giulia è una forza della natura e dalla natura prende la sua forza: ceramista e ‘coltivatrice spontanea’ è fresca come la primavera marzolina. Arriva con il suo pandino color amaranto e ti racconta dell’ultimo progetto di ceramica, la suocera e il marito, la dermatite, il tempo giusto per raccogliere un’erba per la marmellata, i figli, la casa. E la domanda che ti poni ascoltandola è: ‘Ma come fa?’

Le ho conosciute alla Rete al Femminile di Biella. Parlando con loro ho scoperto che collaborano insieme su alcuni progetti e ho voluto, subito, saperne di più. Ci siamo incontrate in una soleggiata mattina di gennaio, a casa di Chiara, e l’intervista che avevo in mente per scrivere questo articolo è diventata una chiacchierata a tre voci.

Quando vi siete conosciute?

Si guardano con sguardo interrogativo, poi Chiara dice ‘A me sembra di conoscerti da sempre’.

In effetti a Biella spesso capita così, s’incrociano le persone in tante occasioni e alla fine non ti ricordi più dove le hai conosciute. Forse non solo a Biella.

Ma poi parte una sorta di tam tam: persone, date, luoghi in un botta e risposta che giunge a termine quando, entrambe, concordano di conoscersi dal 1984 quando hanno frequentato un corso di pittura su ceramica. E ridono, scherzano, raccontano di quanto fossero goffi i loro primi approcci con la ceramica. Chiara si alza, va in cucina, e porta una scodella da colazione ‘Dipingevo cose così, che vergogna’. E tutte a ridere.

E poi?

E poi dopo la Scuola di restauro di Firenze per Chiara, ‘Sì perché il mio sogno era fare la restauratrice di bambole e specializzarmi nel restauro della ceramica’, e l’anno di medicina a Pavia di Giulia, che si trasforma in una laurea in Scienze Naturali, senza mai sospendere la frequentazione della ceramica ‘facendo la bocia’ nelle botteghe artigiane intraprendono ognuna la loro attività aprendo un laboratorio di restauro Chiara e una bottega artigiana Giulia, per poi approdare entrambe alla Rete dove iniziano a collaborare su vari progetti.

‘Ma come è iniziato il Kintsugi, Chiara?’

‘Questa tecnica mi è apparsa sulla bacheca di Facebook.’

‘Mi stai dicendo che ti sei specializzata in Kintsugi grazie a Mark Zuckerberg?’

‘Sì, e ha pure insistito.’

‘Cioè?’

‘La prima volta che è apparsa la notizia sulla mia bacheca non ho aperto il link, mi sembrava non facesse per me. La seconda volta ho approfondito. In una settimana avevo chiara la mia strada.’

‘E cosa ti è piaciuto del Kintsugi?’

‘Mi è piaciuta la lentezza.’

‘E la collaborazione con Giulia, come è nata?’

‘L’idea è nata da Giulia, un giorno mi ha portato delle ceramiche cristallinate.’

‘Quali sarebbero, scusate?’ –  chiedo io.

‘Eh, quelle ‘lucidine’ nelle quali puoi mangiare’ – rispondono all’unisono.

Interviene Giulia: ‘Sì, la mia scatoletta delle occasioni!

Chiara aggiunge: ‘Prendo i pezzi di Giulia, li avvolgo in un panno pesante e poi li lavoro.’

Io: ‘Non ho capito.’

Chiara: ‘Il Kintsugi è una tecnica di restauro che serve a riparare un oggetto che si è rotto, ad esempio cadendo, usando un materiale nobile come l’oro. La rottura è un gesto dirompente, quella che applico sui pezzi di Giulia è un gesto controllato che permette di ottenere l’effetto desiderato, ma non tutti i ceramisti accettano che i loro manufatti vengano rotti.’

Giulia: ‘Da sempre nelle mie creazioni mi piace inserire materiali diversi o piccoli oggetti naturali. Per me è normale che le mie produzioni si trasformino, la natura non è mai ferma: la natura e il ceramista vanno d’accordo.

Raccontatemi di Gioia.

Il tono cambia. Diventa intimo e profondo. Chiara inizia a raccontare di quando, a Milano durante una cerimonia del tè giapponese, ha conosciuto Gioia di Biagio.

Gioia è affetta da una malattia rara che le è stata diagnosticata quando aveva 7 anni, la sindrome di Ehlers Danlos che rende la pelle iperelastica, fragile, con tendenza alla facile rottura e difficile da cicatrizzare.

Gioia ha scelto di non essere sottomessa alla sua condizione, di non rinunciare alla sua vita, ma di raccontarla in modo profondo, mettendosi a nudo e dal 2017 porta in tournée ‘Io mi oro’ una performance artistica in cui si mette dell’oro nelle cicatrici precedentemente protette con colla di pesce. Un gesto toccante e commovente.

Chiara e Gioia usano entrambe la tecnica del Kintsugi per rendere più preziosa la rottura accidentale.

Chiara continua: ‘L’incontro casuale diventa un’amicizia e un giorno Gioia mi commissiona un ciondolo da indossare durante le presentazioni dei suoi libri. Ho subito pensato a Giulia, che ha ascoltato e interpretato le richieste di Gioia, che voleva un tocco di blu in questo accessorio.

Interviene Giulia: ‘Nel mio lavoro non sempre si può fare quello che vuole il committente perché la materia e la tecnica non sempre lo permettono, ogni volta che si affronta un progetto ci vuole anima e umiltà.

Queste tre donne nel loro percorso di vita, artistico e professionale mi sembra ci mettano in grande misura sia anima sia umiltà.

Photo: Ilaria Di Biagio

Marie Louise Denti

Sono una visual designer con una passione per le slide. Aiuto le organizzazioni ad esprimere il loro talento aziendale attraverso una comunicazione integrata ed efficace; online e offline. Lo faccio con entusiasmo presso Slide Queen.

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2 commenti su “Chiara e Giulia: ci vuole anima e umiltà”

    • Grazie mille Cinzia.
      È stata una bella occasione di collaborazione e un modo unico di unire cuore e creatività.
      Chiara

I commenti sono chiusi.