L’arte della resilienza

A inizio anno in Rete al Femminile Biella si era pensato a un evento aperto alla cittadinanza previsto per il mese di marzo, mese dedicato alla Donna. 

L’evento si sarebbe intitolato “L’arte della resilienza” e avrebbe avuto come ospite Gioia di Biagio, artista toscana famosa per la sua performance “Io mi oro” e per il suo libro intitolato “Come oro nelle crepe” in cui racconta, in modo generoso, la storia della sua vita e della sua convivenza con una malattia genetica, l’impronunciabile Ehlers-Danlos, che la costringe a fare i conti con i suoi limiti corporei e con il dolore, fisico e non solo, fin dall’età di 7 anni.

A questa malattia si aggiungono nella sua vita tanti lutti con cui Gioia deve, volente o nolente, fare i conti: mancanze da vivere, da sentire e a cui sopravvivere, in qualche modo.

Ma a marzo 2020, invece dell’evento aperto alla cittadinanza, invece di Gioia, invece della sua storia e dei nostri programmi ben pensati, è arrivato il COVID19 a farla da padrone e a scombussolare i nostri piani e le nostre routine, a imporre uno stop, mettendoci a contatto più stretto con i limiti e le limitazioni, con l’impotenza, con la malattia e anche con la morte, nostra o delle persone care.

E così abbiamo dovuto resistere o almeno provare a farlo.

Cos’è la resilienza?

Il modo in cui affrontiamo una crisi o un evento traumatico (e il Coronavirus ha molte caratteristiche traumatiche perché è imprevedibile e incontrollabile) dipende in gran parte da quanto si è resilienti, cioè dalla capacità di riprendersi da esperienze difficili e battute d’arresto, di adattarsi, di andare avanti. A volte anche di crescere.

La capacità di resilienza di una persona è dettata da una combinazione di genetica, storia personale, ambiente e contesto situazionale.

Il fattore determinante più significativo della resilienza – notato in quasi tutte le revisioni e gli studi sulla resilienza degli ultimi 50 anni – è la qualità dei nostri rapporti personali più stretti, specialmente con i genitori e con i principali portatori di cure. I precoci attaccamenti ai genitori giocano un ruolo cruciale, che dura tutta la vita, nell’adattamento umano.

 

Cosa c’è nella nostra cassetta degli attrezzi? 

Si può pensare alla resilienza come a un insieme di abilità che possono essere (e spesso lo sono) apprese. Parte della costruzione delle abilità deriva dall’esposizione a esperienze molto difficili, ma gestibili.

Il modo di affrontare le difficoltà dipende da ciò che c’è nella nostra cassetta degli attrezzi: per alcune persone la cassetta degli attrezzi è piena di farmaci. Per altre è colma di alcol, cibo, gioco d’azzardo.

Ma questi non favoriscono la resilienza.

Gli strumenti comuni alle persone resilienti sono invece l’ottimismo (che è anche realistico), la moralità, le convinzioni religiose o spirituali, la flessibilità cognitiva ed emotiva, i legami sociali. 

  

“Un pessimista vede la difficoltà in ogni opportunità, mentre un ottimista vede l’opportunità in ogni difficoltà.” 

Winston Churchill

 

Le persone più resistenti sono quelle che in genere non si soffermano sulle negatività, quelle che cercano le opportunità che potrebbero esistere anche nei momenti più bui. 

Donne a confronto

Durante le nostre riunioni di networking (online e poi a luglio in presenza) di Rete al Femminile, ci siamo confrontate come professioniste, oltre che come donne, su come ognuna avesse affrontato quel periodo inaspettato, dividendosi fra uno o più lavori da far andare avanti in qualche modo, figli e partner H24 (ne ha scritto un articolo intenso e “de core” a riguardo la nuova Leader Carolina), solitudini o eccessive vicinanze. 

Cosa è emerso dal confronto? Molte di noi hanno pensato che la quarantena fosse una buona occasione per seguire un corso professionalizzante online e per focalizzare gli obiettivi di breve e medio termine, per implementare le proprie conoscenze tecnologiche o avere il tempo di sviluppare quel progetto che avevano in testa da un po’, per iniziare una pratica di meditazione o imparare a suonare uno strumento.

 

Le persone resilienti imparano ad accettare con attenzione ciò che non possono cambiare di una situazione e poi si chiedono cosa possono fare effettivamente.

Steven M. Southwick, professore emerito di psichiatria

 

Molte ricerche hanno dimostrato quanto la dedizione a una causa importante o il credere in qualcosa di più grande – un’idea imprenditoriale, una causa religiosa o spirituale ad esempio – abbia un effetto di miglioramento della resilienza, così come la capacità di essere flessibili nel proprio pensiero.

 

L’American Psychological Association ha individuato 5 macro-azioni o obiettivi, da declinare poi successivamente in micro-azioni quotidiane, per sviluppare la propria resilienza e migliorare così il senso di autoefficacia, ridurre gli stati di ansia e la sensazione di trovarsi in un vicolo cieco, implementare la capacità di problem-solving.

 

1. Costruire connessioni

Dare priorità alle relazioni. Il dolore e il senso di smarrimento dato da eventi traumatici può portare a isolarsi, ma è importante accettare l’aiuto e il sostegno di chi ci è vicino.

Unirsi a un gruppo. Il sostegno sociale fornito dall’attività in contesti gruppali, comunità religiose o altre organizzazioni locali può aiutare a riacquistare la speranza. 

Ciò è fondamentale anche in ambito professionale: fare rete e incontrare altri professionisti aiuta a non sentire la solitudine mentre si navigano acque tumultuose, ad ascoltare le soluzioni che i colleghi e le colleghe hanno adottato e trarne ispirazione, a chiedere aiuto e sostegno e a condividere esperienze. Tutto questo è ciò che ci offre Rete al Femminile, ad esempio, o che si può trovare in una associazione di categoria, in un albo professionale o in un gruppo informale di persone con cui si collabora più strettamente. 

“Ma tu come fai?” è una domanda che può aprire a un confronto e a nuovi canali di pensiero, e i pensieri che invece vanno nella direzione della vergogna di chiedere per paura di non dimostrarsi all’altezza o di non essere autonoma sono autosabotanti e da eliminare. Nessuna basta a se stessa: né in ambito personale né tantomeno in quello professionale.

 

2. Favorire il benessere

Prendersi cura del proprio corpo. La cura di sé può essere un’espressione d’ordine popolare, ma è anche una pratica legittima e utile per la salute mentale e la costruzione della resilienza. 

Promuovere fattori positivi dello stile di vita come una corretta alimentazione, un sonno abbondante, l’idratazione e l’esercizio fisico regolare può rafforzare il corpo per adattarsi allo stress e ridurre ansia.

La Mindfulness, lo yoga, pratiche spirituali come la meditazione, la stesura di un diario possono aiutare a creare connessioni e a ripristinare la speranza, permettendo di affrontare situazioni che richiedono resistenza e stimolando la riflessione sugli elementi positivi e che stanno funzionando della vita personale e lavorativa.

Evitare gli sbocchi negativi. Concentrarsi sul dare al corpo le risorse per gestire lo stress, piuttosto che cercare di eliminare del tutto la sensazione di stress mediante l’assunzione di alcol, droghe e altre sostanze.

3. Trovare uno scopo

Aiutare gli altri. Il volontariato o semplicemente sostenere un amico o una collega nel momento del bisogno, può stimolare l’autostima e fare entrare in contatto con altre persone generando la piacevole sensazione di aiutare qualcuno in maniera tangibile. 

Avere un atteggiamento proattivo. Può essere proficuo riconoscere e accettare le proprie emozioni durante i momenti difficili e chiedersi “Cosa posso fare?” o ancora “In che cosa posso essere utile?”. Se i problemi sembrano troppo grandi per essere affrontati, può dare i suoi frutti scomporli in pezzi gestibili.

 

4. Abbracciare pensieri sani

Mantenere le cose nella giusta prospettiva. Identificare le aree di pensiero irrazionale, come la tendenza a catastrofizzare o a vedere le cose più nere di quel che sono, permette di conoscere se stessi e come si “funziona”.

Spesso abbiamo delle paure a volte irrazionali che derivano non tanto dal mondo esterno di quel momento, quanto piuttosto dai nostri vissuti.

Se in adolescenza, ad esempio, si è vissuto un fallimento imprenditoriale in famiglia che ha comportato un cambio repentino e inaspettato di stile di vita, quell’individuo potrà rimanere spaventato a vita di un disastro economico imminente, di  non risparmiare a sufficienza, di spendere in modo scellerato. 

Si può agire a riguardo non tanto eliminando la paura che deriva da un trauma vissuto, quanto piuttosto prendendo consapevolezza di quello che si è vissuto e delle sue ripercussioni nella vita attuale, cercando così di discernere ciò che costituisce un rischio reale da ciò che invece è un rischio percepito.

Accettare che il cambiamento faccia parte della vita, accettando altresì che non tutto possa essere cambiato.

“Che io possa avere la forza di cambiare le cose che posso cambiare, la pazienza di accettare quelle che non posso cambiare e la saggezza per distinguere la differenza tra le une e le altre.

T. Moro

Mantenere una prospettiva di speranza, imparando dal passato. Rammentarsi come abbiamo affrontato in precedenza un problema o un conflitto può aiutare a scoprire come rispondere efficacemente a nuove situazioni difficili.

 

5. Cercare aiuto

È importante chiedere un aiuto professionale se si ha la sensazione di non essere in grado di gestire in autonomia le situazioni di difficoltà, siano esse a livello personale o lavorativo: ricollegandoci al punto numero uno di questo elenco, pensare di fare tutto da sole è una pericolosa illusione, che non può che generare frustrazioni e preoccupazioni evitabili con il supporto di un/a professionista a sostegno della vita personale, familiare, relazionale, o della vita professionale e imprenditoriale.

Noi ci riproviamo!

E a proposito di resilienza e resistenza, il nostro gruppo di networking ha deciso di non mollare e di non rinunciare a quella che a nostro avviso è una grande occasione di apprendimento, conoscenza e confronto.

Perciò abbiamo il piacere di invitarti all’evento aperto “L’arte della resilienza” con Gioia di Biagio (quello di cui ho scritto all’inizio di questo articolo) che si terrà giovedì 15 ottobre presso il Sellalab di Biella oppure online nel caso in cui trovarsi in presenza non sarà consentito: ascolteremo i suoi racconti e parleremo insieme di resilienza.

l'arte della resilienza Gioia di Biagio a Biella

Seguici sulla nostra pagina facebook: troverai tutti gli aggiornamenti sull’evento.

Ti aspettiamo!

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Francesca Tanini

Sono Francesca Tanini, Psicologa e Psicoterapeuta Dinamica individuale e di gruppo. Ho una parola chiave che guida come un mantra il mio lavoro e la mia vita: è autenticità. E ogni giorno mi impegno a ricercarla e a farla emergere in me, in quello che faccio e in ogni relazione che intraprendo, terapeutica o personale che sia.

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1 commento su “L’arte della resilienza”

  1. Grazie sempre speciale Francesca e grazie meravigliosa Rete. Leggo in un momento in cui è difficile continuare a pensare positivo per la mia professione. Pratici consigli per continuare ad essere resiliente sono la pillola che mi serviva oggi per farmi tornare il sorriso. Sapere che voi reticelle ci siete nel momento del bisogno è concretamente d’aiuto. Mi reputo molto fortunata ad avervi incontrate. Il vostro lavoro è prezioso. ❤️

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