Le forme dell’amore

Che cosSs’è l’amor

…Chiedilo al vento, dice Vinicio Capossela in una sua celebre canzone.

Che tutto sommato è meglio che chiederlo a uno psicologo: perché è probabile che farebbe velocemente passare la poesia, affermando che l’amore è la proiezione dei propri desideri e bisogni sull’altro e che quindi l’innamoramento è scorgere nell’amato ciò che noi vogliamo o ciò che sentiamo mancarci.

Le diverse forme dell’amore

Cosa possiamo chiamare “amore”? Di solito pensiamo all’amore romantico tra due persone, ma può assumere diverse forme.

Nel saggio filosofico del 1960 “I quattro amori”, C. S. Lewis si interessa degli affetti umani, che d’altronde sono centrali nelle sue opere narrative, e individua 4 tipologie o forme di amore:

  • l’agape o carità, che è una forma d’amore diretta verso l’altro per favorirne la sopravvivenza e il benessere senza attendere in cambio particolari gratificazioni. Corrisponde all’amore altruistico e a quello genitoriale.
  • L’affetto, che ha le sue radici nel primitivo attaccamento del bambino alla madre e il cui proseguimento è la richiesta di vicinanza dell’altro e di familiarità.
  • La philia o amicizia, basata su una aspettativa di gratificazione da parte dell’altro che si intende ricambiare. È un amore che si nutre di ammirazione, sostegno e di attribuzione di qualità positive nell’altro.
  • L’eros che ha la sua radice profonda nel desiderio sessuale che genera desiderio di possesso ed esclusività, non disgiunto dall’idealizzazione dell’amato.

A leggere queste 4 tipologie di amore è possibile che ci si sia potuti rivedere magari in tutte queste modalità, pensando ai differenti rapporti sperimentati nella propria vita, sia attuali sia in passato. Già.

Perché non esiste un modo solo di amare

Ogni relazione è caratterizzata dall’interazione continua con l’altro, che è diverso da sé: allora si può essere una madre apprensiva con un figlio e decisamente più permissiva con l’altro; si può essere stata un’amante materna e a tratti possessiva ed essere oggi una compagna che reclama la sua libertà; un’amica generosa e aperta e al contempo una figlia pretenziosa e distanziante.

Questi sono solo alcuni esempi per riflettere insieme sul fatto che il proprio modo di amare può modificarsi a seconda della persona con cui si è in relazione e del tipo di relazione che intercorre con essa.

E nelle numerose tipologie di relazioni che popolano la nostra vita, si può sentire di avere livelli diversi di soddisfazione e di efficacia personale: proviamo a soffermarci e pensare a come ci sentiamo nei nostri rapporti di lavoro, nella famiglia di origine, con i propri figli, nella coppia, con gli amici. È assai probabile che non ci sentiremo nella stessa maniera ed è probabile accorgersi che il nostro modo di amare e di essere amati è diverso.

Ci saranno rapporti in cui ci sentiremo più a nostro agio, un po’ come attraccare in un porto sicuro, e altri che ci metteranno in discussione o saranno fonte di tribolazione.

Ma tutte queste relazioni condividono un sentimento: l’amore, declinato in tanti modi.

L’amore per ciò che si fa

E in quest’ottica, aggiungerei anche un altro ambito: l’amore per ciò che facciamo.

Il blog che stai leggendo è quello di Rete al Femminile Biella e non posso quindi non pensare a tutte quelle donne, a mio avviso molto in gamba, che si cimentano ogni giorno nella loro professione, la cui passione le ha condotte ad aprire una società o una ditta individuale, donne che per vedere i loro prodotti o i loro servizi realizzarsi, si barcamenano ogni giorno fra questioni fiscali e di imprenditoria, fra l’aggiornamento delle competenze e le attività di promozione. Dimmi se questo non è amore!

Che si tratti di cura della casa, di gestione dell’azienda o di passione per uno sport o per un hobby, se riusciamo a mettere amore in ciò che facciamo, quella attività diventerà parte di noi, la sentiremo nostra e ci darà gratificazione, anche solo per il modo in cui la stiamo svolgendo.

Può sembrare una prospettiva un po’ faticosa, forse?

Perché è vero che amare significa impiegare le proprie energie.

Ma forse un piccolo trucco c’è. Fare ciò che si ama e amare ciò che si fa, senza mai dimenticare una cosa fondamentale: amare se stessi.

L’amore per ciò che si è

Anche l’amore verso se stessi cambia nell’arco della vita. Non parlo qui di ammirazione e quote narcisistiche (che più o meno potrebbero suonare così: “Mi ritengo proprio capace”, “Penso di essere molto affascinante e intelligente”, “Sul lavoro sono una macchina da guerra”) perché quelle hanno più a che fare con il sentimento della stima e della stima di sé, o autostima che dir si voglia.

Penso piuttosto a voler bene a se stessi e ad avere cura di sé: a ritagliarsi del tempo, a porsi un obiettivo e provare a perseguirlo con fiducia, ad ascoltarsi, ad attorniarsi di persone che ci facciano stare bene e che ci regalino energie piuttosto che circondarsi di persone che quelle energie ce le tolgono, a darsi qualche abitudine salutare per il proprio corpo e per la propria emotività, a festeggiare i propri successi, a non smettere mai di chiedersi “Cosa voglio? Cosa mi fa stare bene?”, sapendo non solo che la risposta non è facile da trovare, ma anche che essa può cambiare nel corso del tempo.

E amare se stessi significa forse anche andare a scovare una persona speciale (per sé) capace di regalarci un po’ del suo tempo, che ci inciti a perseguire i nostri obiettivi, che ci ricordi di pensare anche a noi stesse e a ritagliarsi del tempo, dandoci il modo per farlo. Una persona speciale che si occupi del nostro piacere oltre che del suo, che ci consigli di mangiare più verdure non perché così saremo più magre e belle (anche), ma perché ci sentiremo meglio. Che non ci sminuisca mai, nemmeno per battuta. Che sia capace di ridere con noi e non di noi.

Credo che imparare ad amarsi significhi diventare consapevoli che tutto questo uno se lo merita e può accadere.

E questo mi fa venire in mente un passaggio di una seduta con una paziente, tanto in gamba quanto amareggiata e un po’ delusa dagli eventi della vita, anche in campo sentimentale.

“Perché Dottoressa, vede, io non pretendo il mazzo di fiori, però…”

La interrompo. “Perché non lo pretende?”

“Mah… Forse perché è chiedere troppo, qualcosa di irrealistico…”

“Lei le desidererebbe?”

“Beh, sì – dice quasi sottovoce – mi piacerebbe riceverlo.”

“E allora non si neghi il suo desiderio, perché così facendo negherebbe se stessa: qua la questione non è il mazzo di fiori, quanto piuttosto ciò che questo gesto significa, cioè una dimostrazione di affetto nei suoi confronti. Certo, deve mettere in conto che questo possa non capitare. Ma non si neghi il suo diritto di desiderare: i desideri, se non nuociono a qualcun altro, sono leciti. Ma solo noi stessi possiamo autorizzarceli”.

La realizzazione di sé e l’amore

E autorizzandoci a desiderare, pur facendo sempre i conti con la realtà e pur mantenendo i piedi per terra, dando fiducia a noi stesse e alle nostre idee, circondandoci di persone capaci di sostenerci (senza poi scordare di sostenerle a nostra volta quando ne avranno bisogno loro) potremo avere più spazio nelle nostre menti per dedicarci con passione a tutto ciò che ci sta a cuore: il partner, la famiglia, gli amici e il lavoro. Perché tutti questi aspetti (e molti altri ancora) contribuiscono alla realizzazione di Sé.

Buon San Valentino!

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Francesca Tanini

Sono Francesca Tanini, Psicologa e Psicoterapeuta Dinamica individuale e di gruppo. Ho una parola chiave che guida come un mantra il mio lavoro e la mia vita: è autenticità. E ogni giorno mi impegno a ricercarla e a farla emergere in me, in quello che faccio e in ogni relazione che intraprendo, terapeutica o personale che sia.

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