Biella

Saper dire di no sul lavoro

Quanto può essere difficile a volte dire un no? Per paura di deludere, per paura di offendere, per paura di non apparire bravi e buoni. Ma quanto può costare un sì forzato?

Può far sentire in trappola e insoddisfatti, può far aumentare sia la frustrazione (e a volte anche la rabbia verso chi sembra averla sempre vinta) sia l’ansia, perché siamo venuti meno a noi stessi e ci siamo imbarcati in un’impresa per cui non nutriamo interesse o nella quale ci sentiamo incapaci o a disagio.

E su queste tematiche hanno lavorato le reticelle di Biella durante la riunione di fine 2017, centrando il focus del discorso sul lavoro e sulla professione, senza però dimenticare il bagaglio personale che ognuna si porta dietro, attraverso la sua storia e il suo modo di essere.

I racconti sono partiti a volte da ricordi lontani nel tempo, racconti di bambine, che si vedevano negati tutti i cibi più buoni a causa di severe e pericolose allergie. E così, a volte, per i troppi no ricevuti, si può incominciare a dire di sì a tutto, per reazione, come se il sì fosse sempre e solo un’apertura alla vita, all’accoglienza, alla generosità. Ma a ben pensarci, è proprio sempre così?

A volte, dietro una proposta, può nascondersi una fregatura a cui è importante sapere dire di no.

Dietro a una accoglienza e a una generosità tout court, si può finire per dimenticarsi di se stessi e doverne poi pagare le conseguenze.

Allora forse, come suggerisce il pensiero di qualche reticella, diventa importante innanzitutto far chiarezza con se stesse e porsi delle domande che disegnano un confine: che cosa mi interessa? A cosa sono disposta a rinunciare? Fino a dove mi spingo?

Una prima riflessione, dunque, che viene sia dall’esperienza sia dal lavoro di condivisione di gruppo di quella sera, è di stabilire dei patti chiari prima di tutto con se stesse e poi con i clienti, i soci e i collaboratori. Ciò significa decidere quali sono i propri obiettivi e modus operandi, e al contempo permette alle persone con cui si lavora di decidere se le condizioni poste vanno bene anche a loro.

Dire di no soprattutto all’inizio di un rapporto lavorativo e, a maggior ragione, all’inizio della propria carriera è molto difficile: si ha paura di perdere un cliente o una buona occasione. Si ha paura, a propria volta, di ricevere un no! E ricevere un rifiuto non è mai piacevole.

Definire le regole

Ma definire le regole del proprio gioco assume il contorno di una tutela e di una protezione per sé e per il cliente e/o il collaboratore e garantisce la serietà del proprio lavoro: è un po’ un modo di dire “adesso si fa sul serio: la professionista sono io e ti spiego io come si fa per fare un buon lavoro”.

Alcune reticelle raccontano che nel tempo hanno sviluppato una intervista iniziale con alcune domande che servono a inquadrare la tipologia di cliente e la sua richiesta, in modo da capire se quel lavoro fa al caso loro o meno.

Altre hanno definito le loro regole, per esempio evitare i contatti su Whatsapp, che sono poco professionalizzanti e passare attraverso il canale delle e-mail, di cui peraltro si può tenere sempre traccia.

Altre ancora rimarcano l’importanza di farsi il proprio business plan per definire gli obiettivi da perseguire, proponendo al cliente un preventivo da firmare che contempli sia la tipologia di lavoro pattuita sia i costi della prestazione d’opera.

Imparare a dire di no

Che si tratti poi di amicizia o di lavoro, saper dire un no implica sempre e comunque un aspetto relazionale fra due o più persone.

A tal proposito ecco un suggerimento da tenere presente: quando si dice di no, non lo si dice alla persona nella sua interezza, bensì all’idea o al progetto. E dire di no, non significa certo offendere o essere aggressivi: avere chiari dentro di sé i propri intenti implica riuscire a motivare al proprio interlocutore le proprie scelte e necessità, comunicandole in modo da non lasciare titubanze o spazio per i dubbi e le incertezze. Occorre, di fatto, imparare a dire di no, rimanendo tuttavia in contatto con il proprio interlocutore.

Quindi, dopo aver chiarito con se stessi che cosa si vuole, è funzionale comunicare in modo chiaro e risoluto le proprie decisioni: vanno usate espressioni del tipo “Voglio/non voglio; ho deciso/non ho deciso di fare…” piuttosto che “Vorrei/non vorrei; Avrei deciso/non posso…”.

La propria capacità di dire di no, di definire i confini entro i quali posso o non posso lavorare è fondamentale per affermare se stessi e la propria identità lavorativa in modo autentico.

Solo un no autentico, infatti, ci consentirà un sì autentico, un sì senza paura, un sì motivato e desiderato che nasce dalla scelta e non dalla accondiscendenza.

I miei consigli per imparare a dire no

E ora, alcune indicazioni che possono aiutare a dire di no.

  • È un nostro diritto dire di no: i nostri diritti valgono quanto quelli degli altri e spetta a noi impedire che nessuno, chiunque egli sia, si senta legittimato a calpestarli.
  • È opportuno domandarsi se nel nostro rifiuto ci sentiamo fermi oppure vacillanti, aggressivi oppure arrendevoli, intrappolati o liberi invece di esprimerci.
  • Quando si rifiuta una richiesta è necessario farlo in modo chiaro, udibile e senza accampare scuse o dire “mi dispiace”, espressione che indebolisce la propria motivazione al rifiuto.
  • Dire di no significa assumersi la piena responsabilità del proprio rifiuto e quindi è più opportuno dire “Non voglio” piuttosto che “Non posso”.
  • Se si hanno dei dubbi sul proprio rifiuto può essere utile prendersi un tempo ulteriore per pensarci, ma tale tempo va definito col cliente o col collaboratore “Fra una settimana riprenderò in esame il problema”.
  • È utile chiarire le motivazioni che hanno portato un rifiuto, ma soprattutto offrire una alternativa.
  • Si dichiara il proprio rifiuto solo dopo aver mostrato ascolto e interesse alle motivazioni del richiedente.
  • Se cambiamo opinione in corso d’opera, riteniamoci liberi di dire di sì: cambiare idea è un diritto e mette in mostra la flessibilità e la capacità di guardare la realtà in termini critici e costruttivi del professionista.

Se questo articolo ti è sembrato utile o ti ha fatto venire in mente qualche situazione che hai vissuto in prima persona o a cui hai assistito, lascia un tuo commento! La condivisione delle esperienze è fonte di ricchezza ed apprendimento.

Buon lavoro e buona crescita!

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3 commenti su “Saper dire di no sul lavoro”

  1. Bell’articolo, interessante e che fa riflettere. Per quanto riguarda la vita privata, io credo sia più facile dire di no perché, nella maggior parte dei casi, è un no che nasce da una serie di considerazioni di carattere puramente “istintiva”: ‘non mi va’, ‘in questo momento assolutamente no’ senza rendersi conto che molto probabilmente poi ci si pentirà.
    Per la parte, invece, che riguarda l’aspetto lavorativo, penso sia molto, molto più complicato perché sempre, o quasi sempre, a farne le spese è il fattore economico e lì, molte volte si tende a tradire quelle che sono le nostre vere aspirazioni. Certamente potremmo sentirci meglio, la nostra autostima verrebbe gratificata e rinforzata ma è difficile. Se si riesce, beh tanto di cappello!!!

  2. Dal mio punto di vista è’molto più difficile dire di si. Dire di sì significa essere generosi, altruisti, certo rischiando a volte ma proprio per questo accettare di trarre tutte le conseguenze. Troppo facile dire di no per le solite esigenze dove traspare ancora una volta la propria debolezza, la propria paura, la parola data, la propria tirchieria e l’assoluta mancanza di rispetto. Volgiamo dunque il nostro volto verso la luce mostrando le nostre virtù, il nostro coraggio, il nostro amore.

    • Ha ragione Marco: anche dire di sì non è per niente facile. Ma il “no” a cui si fa riferimento nell’articolo riguarda tutte quelle persone che pongono il focus della loro attenzione sull’altro a volte a scapito di se stessi: non vi è nulla di male in questo atteggiamento a patto che per la persona stessa non diventi una sorta di prigione. Si tratta di non venire meno a se stessi, nel rispetto altrui. Mediazione a volte davvero difficile!
      Spero di averle risposto.
      La ringrazio di aver letto l’articolo e la saluto

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